Emancipata da ogni obbligo verso le aspettative del pubblico globale, la designer giapponese Rei Kawakubo incanta con esibizioni molto più prossime al mondo dell’arte che al settore di appartenenza. In passerella non sfilano capi di abbigliamento, ma provocazioni tessili, strutture architettoniche che avvolgono i corpi sacrificali di modelle prestate a trasportare opere scultoree sovradimensionate, volutamente ingombranti e sproporzionate rispetto allo spazio disponibile.
Non più suggerimenti su cosa indossare nel corso della stagione, bensì intuizioni filosofiche tradotte in forme tessili complessissime, da cui attingere indizi sui tessuti e pesi che comporranno l’assortimento stagionale. La designer indaga lo spirito del tempo e lo confeziona presentandolo ad un pubblico teso nel sacrificio di una comprensione sempre meno accessibile e decifrabile ma, nella sua astratta lontananza, sempre più poetica e teatrale.
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